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Domenica 21 gennaio l’Azione Cattolica di Fiesole ha tenuto la sua assemblea diocesana, ospitata nei locali del nuovo centro pastorale della parrocchia della Collegiata di San Lorenzo a Montevarchi. L’associazione ha voluto in questo stesso giorno celebrare la Festa della Pace – meditando sul tema lanciato da Papa Francesco lo scorso 1° gennaio, LI Giornata Mondiale della Pace, “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”.
Gianfranco Agosti, ex Delegato regionale per la Liguria, proveniente dalla diocesi di Tortona, ma che più volte negli ultimi anni si è affacciato alla nostra diocesi, ha introdotto il tema della giornata, accompagnando l’assemblea in una riflessione bella e ricca di contenuti. Anche grazie alla condivisione dei partecipanti, giovani e adulti, ci siamo ricordati alcuni aspetti essenziali di che cosa significhi essere “custodi e costruttori di pace”.
In primis, il termine custodi ci ricorda che la pace è innanzitutto un dono che ci viene affidato: non è uno sforzo morale o etico che nasce dalla filantropia, ma vera consegna di Dio a noi uomini, chiamati a continuare la Sua opera di creazione e custodia. Come scriveva Don Tonino Bello: “Quando la riflessione delle nostre comunità riuscirà a scoprire che i pozzi della Pace sono le stimmate del Risorto?”. Fare pace è quindi innanzitutto lasciarsi trasfigurare da Cristo, e poi farsi strumento di trasfigurazione per il mondo. Farsi costruttori. È un processo che non finisce mai. Sempre Don Tonino Bello ci ricorda che spesso non pensiamo che la pace non è qualcosa di statico e di compiuto, ma qualcosa che deve continuamente essere operato, “Sì, la pace, prima che traguardo, è cammino,/ e per giunta cammino in salita.” Il cristiano non smette mai di costruire la pace, che è il Regno dei Cieli. E proprio all’immagine del Regno dei Cieli, alla Gerusalemme celeste si è rifatto il cardinale Turkson, nel suo intervento al Seminario Toniolo, spiegando alcuni passaggi essenziali del messaggio del Santo Padre per questa Giornata Mondiale della Pace: siamo chiamati a costruire la Nuova Gerusalemme con le porte sempre spalancate, per accogliere, accogliere, accogliere, “per lasciare entrare genti di ogni Nazione”. In questo senso il messaggio di Papa Francesco è molto chiaro. Se guardiamo ai migranti con vero sguardo di contemplazione, vedremo in loro membri della nostra stessa famiglia, in cerca di pace, con i quali possiamo edificare questa pace. 
Sono quattro i verbi che, in un’epoca di slogan, ci vengono affidati, affinché servano da richiamo alla vita del cristiano che opera la pace: “accogliere, proteggere, promuovere, integrare”. Sembrano imprese titaniche, ma sono passi che si operano a partire dalle piccole cose. A partire da uno sguardo trasformato, dai gesti del quotidiano, dal lasciarsi alle spalle i piccoli egoismi e le paure insensate. Due chiavi per agire: Compassione e Intelligenza. Compassione, che non è un bel sentimento o un idealismo, ma uno sforzo di comprensione, di avvicinamento, è farsi prossimo al punto di “sentire con” l’altro, con il fratello che mi sta dinanzi. Intelligenza è non fermarsi mai ad un primo livello di comprensione, non aggrapparsi alle formulazioni che semplificano, ma cercare sempre di penetrare la realtà, per trovare le vie per costruire, per continuare a camminare, per essere continuamente in dialogo. Lo abbiamo detto, la pace è cammino, in salita!
La seconda parte della giornata, che ha seguito il pranzo associativo, è stata maggiormente all’insegna della festa, con la partecipazione di Marco Rodari, in arte “il Pimpa”. Marco è quello che abbiamo definito “un clown di guerra”: da diversi anni ormai, la sua missione è quella di andare negli scenari di guerra - per lo più Medio-Oriente: Baghdad, Kurdistan, Palestina, ma soprattutto Gaza, dove vive tre mesi l’anno – e di far divertire i bambini che affollano le strade e spesso gli ospedali di quelle terre martoriate. Potrebbe sembrare una frivolezza, ma è incredibile il potere che può avere un sorriso, una risata. Marco ci ha raccontato di quando, dopo un bombardamento a Gaza nel 2014, sembrava essere davvero arrivata la fine: solo macerie e morte intorno a lui. “L’unica cosa che mi ha tenuto vivo è stato il fatto che ci fossero dei bambini che avevano ancora voglia di giocare con me”, queste le sue parole. Ma le sue storie sono tante. La sua testimonianza è stata forte. Ci ha ricordato quanto le cose cambierebbero se provassimo a “mettere al primo posto il donarsi, più che il denaro o il potere”. 
Il suo spettacolo è stato amato sia dagli adulti che dai bambini dell’ACR, che a fine giornata hanno consegnato il loro messaggio di pace ai sindaci di Montevarchi e di Castelfranco-Pian di Scò, Silvia Chiassai e Enzo Cacioli. La giornata si è poi conclusa con la celebrazione della messa, nella Collegiata di San Lorenzo, con il vescovo Mario Meini, che ancora ci ha esortati a costruire la pace a partire dalla vita di tutti i giorni, dalla nostra vita da laici, nella ferialità.
 Bernardo Baldini
Consigliere diocesano per il Settore Giovani