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Tornati dagli Esercizi Spirituali in Terra Santa i Giovani ci regalano le loro testimonianze per Sperare!

Non è facile riuscire a trovare le parole giuste per descrivere questi esercizi spirituali in terra santa...mi succede spesso quando qualcosa mi sorprende e va al di là delle più rosee aspettative. Sono stati giorni pieni, complessi, difficili anche da spiegare e comprendere fino in fondo, ma splendidi e pieni di belle persone e sensazioni come non mi capitava da diverso tempo. La consapevolezza che mi accompagna in questi giorni in cui sono rientrato nella routine quotidiana è quella di aver avuto la gioia di percepire la presenza umana di Cristo in mezzo a noi. Ogni luogo che abbiamo visitato mi parlava di Lui: la sorpresa e la pace alla grotta della natività a Betlemme, il silenzio in mezzo al lago di Tiberiade, la fortuna e il privilegio di poter fare un momento di raccoglimento nell'orto degli ulivi, il quale mi ha particolarmente colpito ed ha un posto speciale tra i miei ricordi. Ho percepito che in quello che vedevo e in quello che provavo, Lui mi aveva preceduto; anche nelle sensazioni più umane e che credevo più distanti dalla fede, come nel senso di smarrimento e confusione in cui credi di essere stato abbandonato da tutti e da Dio. Guardo indietro a questi giorni con un senso grande di gratitudine per chi ha dato un senso alla mia scelta a partecipare e per chi mi ha accompagnato e guidato in questa bella avventura. Credo che sia stato un dono inaspettato ma forse per questo più speciale. Quello che mi porto dietro da questa esperienza forse è una fede diversa, forse più matura, sicuramente più vicina e umana. Tornato a casa, nella mia Gerusalemme, spetta a me adesso coltivare questo seme e proseguire questo bellissimo percorso. Sono certo che ne varrà la pena e non vedo l'ora di cominciare.

Simone M.

Il pellegrinaggio in Terra Santa è stato senza dubbio per me una delle esperienze più significative che abbia mai fatto. Mi ha toccato profondamente da molti punti di vista. Sono molto grato a Dio e alle persone che lo hanno reso possibile.

La Terra Santa è in un certo senso la nostra terra di origine, poiché, come cristiani, la nostra fede è nata qui e da qui si è propagata in tutto il mondo. Ed è bellissimo pensare di avere una patria in comune con le altre Chiese e persino con altre religioni che riconoscono l'unico Dio. Purtroppo questa terra, essendo profondamente umana, è anche profondamente segnata dall'errore umano, dalle ferite che l'uomo si infligge da solo. E così si alzano muri , si srotola il filo spinato, la terra viene occupata, e molte vite vengono spezzate.

Questa terra di Canaan è una grande ferita.

Nella quale però – e nel vedere ciò il cuore si gonfia di gioia – si vede anche l'opera instancabile dell'amore di Dio, incarnato nelle molte associazioni che cercano in tutti i modi di fare del bene per le persone che qui abitano. Sto pensando alla Caritas, o alle suore di Betlemme, con la loro casa per i bambini affetti da handicap, che abbiamo incontrato durante il nostro soggiorno lì.

Questi sono tutti semi preziosi che devono essere coltivati e sostenuti quanto più è possibile, perché sono fermamente convinto che alla fine anche questa parte del mondo – che adesso mi sembra essere divenuta il centro – alla fine dovrà arrendersi all'unico vero Dio, che altro non è se non Amore.

Questo è quello che ho capito tra le mura di Gerusalemme, sul Golgota: siamo piccoli e fallaci, e ci facciamo continuamente male, tra di noi e a noi stessi; tuttavia mai Dio si stancherà di chinarsi su di noi, fasciarci le ferite, anzi, di prenderle su di sé, morendo per quelle stesse ferite, eppure risorgendo, per fare risorgere anche noi, con Lui e in Lui. E questo è bellissimo, e ti dona la speranza, anche per una terra martoriata come la Palestina.

Bernardo B.

"...E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi...".
Nella Terra Santa Gesù è nato, è cresciuto ed è diventato uomo e noi giovani della diocesi di Fiesole abbiamo deciso di partire in pellegrinaggio per visitare quei luoghi che il Signore ha scelto
e che ci parlano di Lui.
Arriviamo a Nazareth e subito veniamo ospitati in alcune case di famiglie di palestinesi cristiani cattolici della Parrocchia di San Giovanni Evangelista e quello che subito percepisco è che sono, siamo accolti con grande amore. I loro volti, i loro sorrisi, i loro gesti così attenti e premurosi mi fanno sentire a casa in quella città della Giudea così sperduta e dimenticata da tutti ma non dal Signore perché proprio lì Maria dice il suo Eccomi, il suo Sì che è diventato il Sì di tutta la Chiesa, il Sì che siamo chiamati anche noi a dire. E proprio da Nazareth che noi giovani iniziamo a camminare seguendo le orme di Gesù accompagnati e custoditi dalla presenza di cinque sacerdoti e di una suora.
Molti, moltissimi momenti, incontri e i luoghi stessi hanno aperto il mio cuore e hanno sciolto quei nodi che mi rendono triste ed incapace di andare verso l'altro con amore. I muri che noi alziamo sono sì fuori come quello ben visibile ed imponente che invade, devasta e distrugge la Terra di Gesù, ma soprattutto sono quelli apparentemente invisibili che costruiamo dentro noi stessi che ci portano ad essere uomini egoisti, arroganti, prepotenti, incapaci di amare gli altri così come sono. Tutto questo però può essere vinto se ci riconosciamo come fratelli di un unico Padre che ci ama talmente tanto da aver chiesto a suo Figlio di farsi bambino, di nascere in una mangiatoia e una volta diventato uomo di morire per noi e il terzo giorno di resuscitare. Sì! Il Signore è risorto! E' questo che noi oggi come i discepoli allora diciamo con gioia, coraggio e speranza e che, insieme a tanta gratitudine, hanno accompagnato il mio ritorno a casa, il rientro alla mia Gerusalemme.

Alice C.

"Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro.."
Non è facile trovare le parole per raccontare e descrivere quello che ho provato e sentito durante gli otto giorni che ho trascorso in Terra Santa. All'emozione di visitare i luoghi dove Gesù è vissuto, luoghi che fin da piccola avevo sentito nominare, si è associato qualcosa di estremamente più grande e meraviglioso. Mentre noi visitavamo i luoghi di Gesù, Lui ha visitato ognuno di noi. Lo ha fatto in tempi e modi diversi: attraverso una Parola, un posto, una persona, un racconto, una meditazione.. Per questo mi piace sostituire il nome "Pietro" con il mio, Caterina: "Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Caterina..": ho la certezza di aver incrociato lo sguardo del Signore durante questo pellegrinaggio. Uno sguardo pieno di Amore e di tenerezza che mi ha incontrato nelle mie debolezze e paure, nei miei peccati e nelle mie sofferenze. Uno sguardo che non giudica, non aggredisce, non è violento ma mi accoglie e mi perdona ogni volta!
Torno a casa piena di gratitudine ed Amore, con la speranza di riuscire a portare quello sguardo nella mia quotidianità.

Caterina T.

È tanta la gratitudine tornata da questa esperienza e sono tante le parole che mi risuonano, ma voglio sceglierne due: incontro e condivisione. Prima di partire abbiamo avuto un momento di preparazione a questo pellegrinaggio: ci è stato ricordato che non avremmo dovuto muoverci come turisti, guardando le "pietre morte", ma, come pellegrini appunto, avremmo dovuto cogliere la voce del passaggio di Cristo nei luoghi che avremmo visitato.
Questo è l'atteggiamento che ci è stato suggerito dalle nostre guide, i cinque sacerdoti che ci hanno accompagnato in questi otto giorni e a cui va il grazie di ognuno di noi. Abbiamo vissuto la Terra Santa come luogo dell' "HIC": qui il Verbo si è fatto carne, qui Gesù è cresciuto come vero uomo e vero Dio. Ripercorrendo il suo cammino, da Nazareth fino al Santo Sepolcro, abbiamo riletto e meditato sulla Parola che si è fatta sempre più viva.
Mi piace pensare alla Terra Santa come luogo di incontro non solo perché abbiamo toccato i luoghi vissuti da Cristo, ma anche perché si riesce a vedere il Signore nelle persone che ci stanno accanto, nei compagni di viaggio, nelle famiglie che a Nazareth ci hanno accolto, negli uomini e nelle donne che ci hanno raccontato qualcosa di loro. Ci può essere un di più nelle nostre relazioni, ma non sempre ce ne rendiamo conto. A questa riflessione si lega la seconda parola, "condivisione", un atteggiamento che ci è stato suggerito, sempre dai nostri don, sul Lago di Tiberiade, leggendo il brano del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci: per moltiplicare bisogna dividere. Ed è stato davvero bello vivere questi otto giorni non da soli ma in un gruppo molto "eterogeneo", condividendo i momenti di preghiera, le proprie riflessione, le diverse esperienze associative...e qualche spuntino!
Grazie a ognuno di voi!

Giuditta T.

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