L’Azione Cattolica di Fiesole quest’anno ha proposto ai giovani un campo estivo un po’ diverso a cui hanno aderito tanti giovani provenienti da varie realtà del nostro territorio. Il campo è stata la risposta a un invito fattoci lo scorso anno da Peppe Pagano, vicepresidente della Cooperativa NCO – presidio di Libera – e dalla moglie Mirella. Peppe, invitato come relatore al campo giovani della scorsa estate, ci ha chiesto di “sporcarci le mani”, di andare a vedere e a toccare quello di cui ci aveva parlato. 55 giovani hanno deciso di dire “sì” questa chiamata! Dal 7 al 13 agosto siamo stato ospiti di NCO, abbiamo lavorato in alcune delle loro Cooperative agricole e ascoltato significative testimonianza. Il 13 e il 14 agosto siamo stati ospitati al Rione Sanità di Napoli: abbiamo dormito nei locali parrocchiali e respirato l’aria di quel quartiere, incontrato persone capaci di fare sogni grandi e di rendere vita al quartiere, uno tra tutto don Antonio Loffredo, parroco del rione.
Siamo grati di questa esperienza: grati per gli incontri fatti, per le persone incontrate. Grati perché abbiamo lavorato e “sudato” insieme, in uno spirito comunitario e di condivisione. Se partiti con l’idea di “andare a dare una mano” abbiamo capito che non ci era chiesto questo. Siamo stati chiamati a essere presenti e motori di cambiamento nelle nostre comunità e nei nostri paesi. E quindi avanti, “qui e ora”.
L’equipe giovani
A seguito, le testimonianze di alcuni dei giovani che hanno partecipato a questa esperienza.
“Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E alla fine vi sorprenderete a fare l’impossibile.”
Queste parole di San Francesco d’Assisi mi risuonano ancora in testa dopo settimane dalla fine del Campo Giovani dell’Azione Cattolica di Fiesole, quest’anno tenutosi a Casal Di Principe e a Napoli dal 7 al 14 Agosto 2017.
Un Campo Giovani ben diverso dal solito, un campo di servizio, dove giovani, provenienti da tante realtà diverse, hanno condiviso insieme varie esperienze di volontariato, offrendo il loro tempo e le loro forze a servizio di Cooperative Sociali nate presso territori confiscati alla mafia.
Sono stati giorni che ci hanno permesso di conoscere la storia e la realtà di quei luoghi, anche grazie al lavoro manuale nei campi e alle fatiche che in parte ci hanno reso più vicini e legati a quelle terre.
Sono stati giorni in cui abbiamo potuto respirare un’aria diversa, un’aria di passione e di coraggio, grazie all’incontro e alla testimonianza di tante persone che vedono nella desolazione e nelle difficoltà di un territorio, vittima della Camorra da decenni, un futuro fatto di legalità e di bene.
Primo esempio Peppe Pagano, vicepresidente di NCO, consorzio nato a Casal Di Principe al fine di portare una crescita e un cambiamento socio culturale nel territorio, attraverso attività di reinserimento lavorativo di persone in difficoltà proprio nei terreni confiscati, che divengono così bene comune e risorsa per la comunità, perché, come più volte ci ha ripetuto Peppe: “ se vuoi un anno di prosperità fai crescere il grano, se vuoi dieci anni di prosperità fai crescere gli alberi, se vuoi 100 anni di prosperità fai crescere le persone.”
Altro esempio di legalità senza dubbio è stato Franco Beneduce, uno dei due proprietari dell’azienda chimica Cleprin, che ci ha raccontato la storia di lui, minacciato più volte, e della sua azienda, quasi completamente distrutta da un incendio, dopo aver rifiutato di cedere ad estorsioni da parte del clan del territorio ed aver avuto il coraggio di denunciarlo; una storia forte e commuovente, che ci ha trasmesso il vero valore della libertà e quanto sia importante lottare ogni giorno per essa; un simbolo di coraggio e di fiducia in un luogo che può davvero rinascere, dopo averci portato a visitare l’azienda incendiata e poco dopo quella appena ricostruita e già in buona funzione.
Abbiamo avuto modo così di incontrare persone vere, persone in cerca di un riscatto per la propria terra, che, sulle orme anche di Don Peppe Diana, credono che davvero tutto sia possibile, se abbiamo il coraggio di seguire i propri valori e la certezza di non essere soli; persone che chiedono anche a noi di aprire gli occhi di fronte a queste realtà e di fare la nostra piccola parte una volta tornati a casa, ricordandoci che questi fenomeni non sono più strettamente legati solo a poche città e territori, ma interessano da vicino ognuno di noi.
Sono felice di aver scelto di partecipare a questo campo; mi porto a casa senza dubbio una maggior consapevolezza, frutto sicuramente di una conoscenza più vera e profonda di queste realtà; ma non solo, porto con me un forte desiderio di speranza e fiducia, perché “non sarò mai abbastanza cinica da smettere di credere che il mondo possa essere migliore di com’è, ma non sarò neanche tanto stupida da credere che il mondo possa crescere se non parto da me”.
Chiara Chini, Santa Barbara
La bellezza di un viaggio credo risieda nel non sapere dove ti porterà davvero. Partito, un po’ per scommessa con me stesso e un po’ per fiducia in un invito, sapevo benissimo che Casal di Principe sarebbe stata la meta, ma non mi aspettavo nascondesse molto di più di una posizione geografica. In questo campo è stato possibile incontrare non solo la storia di un popolo, ma anche un fuoco e una passione contagiosi, di persone normali (non eroi!) in grado di vedere “più in là”, sia nel tempo che nello spazio. E’ stato bello incontrare i sorrisi di chi non si vuole arrendere, ascoltare le parole dure di chi ha combattuto, condividere i sapori della Campania a tavola e lavorare nei campi insieme ai ragazzi delle cooperative. Tutto questo c’ha resi più ricchi: partiti per un luogo, siam tornati con cento nuove storie da raccontare e altrettante strade da seguire.
Andrea Gemelli, Montevarchi
“E si spalanca un cielo, un mondo che rinasce, si può vivere in unità” recita una canzone che abbiamo cantato nei giorni trascorsi a Casal di Principe. Un canto colmo di speranza, entusiasmo, gioia. E sono proprio questi i messaggi che ci hanno trasmesso tutti coloro che abbiamo incontrato durante il campo di servizio. Lo sguardo pieno di speranza di Franco, proprietario dell’azienda Cleprin, dietro al quale si nascondono anni di difficoltà, di lotta contro la camorra e l’illegalità. Lo sguardo colmo di commozione di Peppe che non riesce a trattenere le lacrime nel raccontarci la storia della sua terra, Casal di Principe, per cui lui e tutti coloro che operano nella cooperativa NCO, hanno combattuto e ancora combattono. Lo sguardo di chi ha stravolto e cambiato la sua vita pur di non rimanere nella “zona grigia” dove nessuno sente e vede niente, come quello di Augusto, testimone dell’uccisione di don Peppe Diana. Augusto è ancora arrabbiato e vuole giustizia, quella giustizia che pian piano si sta facendo strada grazie a uomini che credono nel cambiamento. Queste sono solo alcune delle testimonianze che abbiamo ascoltato e che restano impresse nei nostri cuori. Le loro vite e quelle di quanti operano in associazioni che lottano contro l’illegalità, sono un esempio di un cambiamento possibile in luoghi in cui non sembra neanche pensabile. Loro hanno fatto proprio il motto di Lorenzo Milani “I care”, hanno detto sì alla loro terra che chiedeva aiuto e hanno raccolto i primi frutti della rinascita.
Chiara Dallai, Matassino
Abbandonata, calpestata, derisa. Per strada abbiamo visto la solitudine, sentito la fatica di una terra martoriata, annusato il dolore di troppo sangue versato invano.
Eppure in mezzo a così tanto sofferenza abbiamo incontrato uomini e donne capaci di non voltare le spalle alla propria città, che non hanno alzato muri, che hanno preferito il sentiero in salita alla strada asfaltata. Uomini e donne. Non eroi. Uomini e donne.
Questo è stato il mio primo campo con l’Azione Cattolica. E’ arrivato per caso, sulla fiducia riposta nell'entusiasmo di un gruppo di amici capace di testimoniare quanto il “è più bello insieme” sia una strada da perseguire, a cui affidarsi.
Abbiamo scoperto Casal di Principe, una terra che si sta rialzando grazie al vigore di una generazione che ha deciso di non darla vinta ai furbi. Una generazione che è stata capace di rendere luoghi scuri, imbrattati e compromessi terreni fertili fatti di sogni, pomodori e viti. Questa esperienza ci investe di una responsabilità, quella di essere sentinelle nei nostri territori. Il silenzio ammorbante che riempie i luoghi in cui abitiamo non può rimanere nascosto. Lo dobbiamo alla fede di Don Peppe Diana, al fervore di Simmaco, a chi ha visto la propria azienda andare in fiamme e poi l’ha ricostruita più energica, determinata e tenace. Lo dobbiamo a questi uomini che talvolta cadono, che talvolta combattono testardamente come angeli ribelli contro un territorio amaro, freddo e spesso insensibile, ma che sempre si rialzano e sono pronti a rimettersi in cammino.
Giacomo Bracaglia, San Francesco - Pontassieve
“Cominciate con il fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.
È con questa frase di San Francesco che è iniziato il campo di servizio a Casal di Principe. Durante l’intera settimana abbiamo potuto confrontarci con persone che, coerentemente e con semplicità, hanno detto e dicono ogni giorno NO alle organizzazioni mafiose. I loro sguardi lasciano trapelare la paura che sempre li accompagna, la sofferenza di aver visto morire innocenti che come loro hanno imboccato la strada della libertà, la rinuncia a godersi la famiglia, la solitudine di fronte a gente che molto spesso tace rinchiusa tra le quattro alte mura di casa, lo sconforto quando sembra vano ogni tentativo di riscatto. Ma questi occhi che certo soffrono, splendono di una luce che travolge e contagia. È una luce di speranza, di chi sente di aver trovato il proprio posto nel mondo, di chi sa di seguire il giusto e il vero, di chi ha detto SÌ alla Sua chiamata e si è affidato trovandosi improvvisamente a fare cose grandi. Hanno avuto coraggio. Il coraggio di essere folli, i soli che pensando di cambiare il mondo lo cambiano davvero.
Queste persone sono una forte testimonianza di come sia possibile riscattarsi, fare nuove tutte le cose, partendo dal piccolo barlume di luce che hanno intravisto non facendosi schiacciare dal buio che li circonda. E lo hanno fatto proprio a partire da quella loro terra desiderosa di rinascere.
Torno a casa da questa esperienza desiderando di poter essere a modo mio un po’ folle, per riuscire a scardinare quei meccanismi di chiusura che ci segregano tra quelle quattro mura ed uscire dal porto sicuro lanciandosi per un ideale nel mondo, spremendo e gustando la bellezza della vita. Vorrei riuscire a non essere più spettatrice ma ad essere consapevole di quel che mi circonda. Torno felice, travolta da un’ondata di gioia per essermi sentita fin da subito accolta da 54 ragazzi che hanno condiviso con me questa settimana perché è più bello insieme!
Sara Casini, Firenze
“Esistono mille modi per morire, la camorra è il milleunesimo. Perché avere paura?”
La sicurezza di Franco, mentre racconta la sua storia di lotta quotidiana contro il male della sua terra, è disarmante.
Disarmante è anche arrivare e vedere per la prima volta Casal di Principe, e avere la conferma dei pregiudizi sulla totale assenza di senso civico.
Il male che la Camorra ha fatto, e continua a fare, a quelle straordinarie terre, era immaginabile ed è ancora respirabile.
Quello che invece non poteva per me essere immaginabile, era la possibilità che proprio in questi posti potessero esistere esempi di amore vero per il proprio territorio.
Questa esperienza ha dato la possibilità di conoscere veri Cittadini, con la C maiuscola. Perché scappare è senza dubbio una possibilità. Restare, scegliere di ribellarsi, mantenere la libertà, e soprattutto provare a cambiare, sono scelte che rendono quelle persone dei modelli, di chi prova a lasciare il mondo migliore di come lo ha trovato.
Una missione semplice; su cui però Giuseppe, Franco, Simmaco e tanti altri hanno scelto, dopo l'esempio di Don Peppe Diana, di spendere la loro vita, non abbattendosi davanti a nulla e nessuno, rinnovandosi continuamente.
Quello che resta tornando a casa è senza dubbio la voglia di aprire gli occhi e capire cosa non va e di cosa ha bisogno la nostra terra, consapevoli che anche il più piccolo dei nostri contributi sarà un seme da cui potrà nascere qualcosa.
Giacomo Ravara, Figline